Musée de la Distance




Se davvero vuoi andare
e vuoi farlo in Silenzio
lascia che sia io a pronunciare la parola
Distanza




La Stanza accanto è sempre stata
troppo lontana

Gli Odori che si rincorrono
non hanno braccia umane
non sanno afferrarsi




Mi chiedi di dimenticare e me lo chiedo anch'io
ma non vi è mai stato
desiderio
più sciocco
o una più grande e sgradevole illusione




Dimenticherò
l'assurdo disordine che ci circonda
le membra dilaniate della nostra ultima guerra
questa nostra infinitamente piccola immensità




Consegnerò al Buio
ciò che al Buio appartiene




E a te
ciò che non hai mai
Posseduto




Vi è un Fuoco
che chiede di essere scaldato
e un Occhio
che chiede di essere Visto




Una mano che chiede di essere toccata
e le labbra fredde di
un Addio rimandato




Il distillato delle mie Paure sarà per te
un bicchiere troppo vuoto in cui affogare




La danza delle nostre
Ossessioni
offrirà un Frastuono straordinario
ai pochi fumi di una sopravvivenza
che eccede i limiti
della Distrazione




Se davvero vuoi andare
e vuoi farlo in Silenzio
lascia che sia io a pronunciare la parola
Distanza




Una tormentata storia d'amore tra un uomo e una donna. Ne resta qualche fotografia, qualche oggetto, e due lettere: un piccolo museo della distanza. Non conosciamo i loro nomi, non restano neanche le loro Iniziali. Li chiameremo Immagine e Realtà. Intuiamo una separazione forzata, forse una guerra, forse il destino. Spazio, corpo, estraneità, solitudine, desiderio, memoria, nostalgia, vulnerabilità, spaesamento, ossessioni, paure, esilio, passione, sacralità, differenza: sono le sfumature di questa storia di sfuggenti legami, di prossime lontananze, di una unione nella separazione. Realtà scrive a Immagine: "Se davvero vuoi andare e vuoi farlo in silenzio, lascia che sia io a pronunciare la parola Distanza". Immagine risponde a Realtà: "Questa notte consegnerò al buio ciò che al buio appartiene e a te ciò che non hai mai posseduto". Lei non possiede l'immagine di Lui. Lui è di Lei l'immagine, ed è nella sua natura restituirsi a Lei, suo malgrado. Luci ed Ombre si inseguono, le loro mani urlano, i loro corpi si allontanano, si riavvicinano, a un tratto sembrano unirsi ma vi è qualcosa di inconciliabile tra loro: una stanza troppo lontana, un giardino di specchi, il feto di un sempre nuovo abisso. Realtà sa che Immagine, in qualche modo, le chiede di dimenticare, ma sa anche che "non vi è mai stato un desiderio più sciocco o una più sgradevole illusione". Immagine intuisce l'infinitamente piccola immensità di questa Distanza, il suo bisogno di essere Visto. Lei conclude la sua lettera chiedendo "Dove sei? Dove siamo?". Il non luogo, l'istante della loro unica possibilità di unione segna un labile confine, descrive il disordine spazio-temporale di quello stesso istante di inafferabile Amore durante il quale, più che raccogliere il Passato, si falsifica la quasi-presenza. Come a dire che l'Immagine, la Fotografia, non è il ricordo di qualcosa, ma qualcosa del Ricordo.




digital photography printed on paper + bitumen + varnish
(2011)



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